Non c’è bisogno di schierarsi per capire quanto conti partecipare. Chi non vota lascia che altri decidano al posto suo. E questa volta, più che mai, non conviene stare a guardare
Si può essere d’accordo o contrari, si può votare sì o no. Ma c’è una cosa che conta più di tutto il resto: esserci. Perché l’8 e il 9 giugno, in tutta Italia, ci sarà un referendum che riguarda il lavoro, la cittadinanza, i diritti.
E la differenza tra cambiare qualcosa o lasciare tutto com’è non dipenderà tanto dalle idee, ma dai numeri: se non si arriva al 50% + 1 degli elettori, il referendum non sarà valido. Nessuna decisione sarà presa, tutto resterà com’era prima. Fine.
In un momento storico in cui tanti parlano di partecipazione, democrazia e voce ai cittadini, questo è uno di quei momenti in cui contano i fatti. E il fatto, stavolta, è che basta andare al seggio.
Sono cinque quesiti, tutti abrogativi. Vuol dire che, in ognuno di essi, si chiede di cancellare (o meno) una parte specifica di una legge. Quattro riguardano il lavoro e sono stati promossi dalla CGIL. Uno, promosso da +Europa e varie associazioni civiche, riguarda il tema della cittadinanza.
Non serve essere esperti di diritto per capire di cosa si tratta: basta avere avuto un contratto a tempo determinato, conoscere qualcuno licenziato da un giorno all’altro o sapere cosa significa aspettare dieci anni per vedersi riconosciuto come italiano. I referendum parlano proprio di questo.
Si vota per decidere se:
Per essere chiari: anche chi non è d’accordo con uno o più quesiti può – anzi, dovrebbe – andare a votare. Perché un referendum si regge sull’affluenza. Se si rimane sotto il 50% dei votanti, la consultazione non produce effetti: né abrogazione, né modifiche, né discussione.
E questo è il punto. Quando si diserta il voto, si regala il silenzio. E quel silenzio pesa più di un no, più di un sì, più di qualunque schieramento. È l’unico risultato che garantisce l’immobilità. Si può scegliere di lasciare tutto com’è, certo. Ma è giusto che lo si scelga con una croce su una scheda, non restando a casa.
Per questo l’unico errore, stavolta, è non esserci. Soprattutto perché nessuno parlerà al posto nostro.
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